Una giusta via di mezzo tra managerialità e cuore: Sardara e Meo Sacchetti

3 Mar 2021

In questi giorni siamo stati affascinati dalla discussione sulla Dinamo. Quali i termini della questione? Mi pare che il problema di fondo sia: una squadra di A, quindi un’azienda, si gestisce col cuore o con la ragione. È questo il dilemma che il Presidente Sardara ha posto. E io ne aggiungerei un altro: la società Dinamo è di Sardara? E allora i tifosi, gli sponsor, i simpatizzanti che vedono la tv e sono costretti a sorbirsi i “consigli per gli acquisti”, hanno diritto di essere interpellati o no? Ecco vorrei ragionare su questi due problemi. Il primo: penso che un manager, debba avere sempre il polso della situazione della sua azienda. Per cui, se ritiene che Meo Sacchetti abbia fatto il suo corso, deve prendere, suo malgrado, delle decisioni dolorose. Ma il punto è questo. La managerialità, non ha proprio niente a che vedere con altri valori, quali la grande personalità di un uomo come Sacchetti, la sua professionalità, la sua umanità, ciò che ha dato ad una azienda, l’affetto della gente? Io credo che la managerialità senza valori, sia un mercato disumano, senza riconoscenza, senza dialogo, ma con gli unici riferimenti del profitto. L’economia capitalista, ha portato i risultati che vediamo ai nostri giorni: in Europa, discriminazioni, esclusione sociale, povertà, tragedie umane e nel mondo odio, rabbia, terrorismo… Allora la mia opinione è che ci debba essere una via di mezzo tra profitto e valori umani. Per esempio, secondo molti tifosi, non sarebbe successo nulla, se Meo fosse stato, stanti i risultati negativi, licenziato a giugno, perché ad un vincente, non lo si può umiliare mandandolo via dopo tre mesi di torneo. Questo voleva una parte della piazza e forse questo Sardara non lo ha valutato abbastanza. Perché il Presidente, involontariamente, ha messo i tifosi nella medesima situazione che fanno i genitori quando si separano: scegli o babbo o mamma. I sassaresi non erano pronti! Perché per tutti i tifosi, Sardara e Meo erano entrambi degli eroi sportivi. Ecco, probabilmente, non era il momento giusto, forse quello aziendale sì, ma quello umano, no. Ciò che vorrei mettere in evidenza, è che anche in ambito imprenditoriale, i contraccolpi causati dalle reazione emotive, vanno previste e prese in considerazione. Consiglieri di Sardara, meditate! In riferimento alla seconda riflessione, la triade Sardara-Meo-tifosi, sarebbe interessante capire la funzione degli spettatori nel nuovo palcoscenico delle pay-tv. Ma gli spettatori, a livello aziendale, sono importanti? Se sì, è necessario stabilirlo tramite un’operazione di azionariato popolare, dove tutti mettono i loro soldi e allora a tutti è necessario rendere conto delle scelte. Ma se i soldi li mette uno solo, e gli altri vogliono decidere, mi pare che la cosa non sia corretta. Gli spettatori avrebbero avuto un’altra carta da giocare: in segno di protesta, disertare Piazzale Segni, e allora avrebbero messo in evidenza quanto avvero siano importanti i supporter in un ambiente sportivo. Penso che ci è già capitato di vedere una partita a porte chiuse e capire quanto sia insignificante un simile spettacolo. Ma di fatto, questa unicità di opinione su quanto accaduto, non esiste! Si è creato una normale e democratica divisione tra chi ha condiviso la scelta del Presidente e chi no. Allora credo che i sostenitori pro-Meo, non se la debbano prendere solo con Sardara, ma devono accettare, democraticamente, che una parte della tifoseria, ha già voltato pagina con il suo leader. Quindi, in conclusione, è evidente che la riconoscenza per Meo va estesa al Presidente che con la sua competenza manageriale ha dato un grosso input alla consacrazione di Sassari come esempio di programmazione ed efficienza imprenditoriale. Ora però, è necessario fare quadrato tutti insieme, Sardara, Meo e i tifosi, in modo da non disperdere un tale patrimonio: ragione e cuore, e non ragione o cuore!

Don Gaetano Galia
da La Nuova Sardegna, 11 dicembre 2015